Pensieri durante una navigazione artica in Norvegia
Sette anni fa scrivevo dallo stesso ponte di questa nave (va be', non posso essere sicuro fosse esattamente la stessa, ma fa' comunque effetto!). Sono andato a ripescare quel post sul mio allora giovane ed oggi semiabbandonato blog di viaggio.
Parlavo di carpe diem, di opportunità che van colte, di scie lasciate a poppa dalle navi e di tratti di mare dove magari si ripasserà, ma che "non sarà proprio lo stesso".
A sette anni di distanza credo cercassi di darmi forza e fiducia nelle imprese che cercavo di mettere in piedi. Mi ha fatto sorridere leggere le parole di un me sette anni più giovane. Ne è passato di tempo, ne sono passati di luoghi, persone, esperienze, paure, conquiste, cadute, rialzate, ansie, pensieri, speranze. Oggi magari scrivo ancora per darmi coraggio, ma scrivo anche perché forse è il modo che ho per sentirmi più vicino a quelle persone che mi leggono davvero, persone che conosco ed amo, o persone che non conosco così bene ma che trovano piacere nel leggere e sognare attraverso immagini e parole.
Dopo sette anni mi ritrovo a guardare la stessa scia. È sempre la stessa indifferentemente dal mare in cui mi trovo. Perché io nell'acqua ci sono nato. Da qualsiasi poppa io vedo il profilo della mia isola, della mia cara Capri, di casa.
Sette anni fa era il 18 agosto quando navigavo tra Bodø e Moskenes. Quest'anno è il 30 luglio, ma per una curiosa combinazione il 18 agosto sarà il giorno in cui vedrò davvero il profilo di Capri dalla prua dell'aliscafo che dopo quaranta giorni mi riporterà a casa.
Sette anni fa venni in Norvegia per tre settimane e rappresentò il viaggio più lungo che avevo fatto. Dopo sette anni sono di nuovo in Norvegia, per lavoro stavolta e dopo le prime tre settimane in Finlandia, sarà qui che passerò le prossime tre settimane. Per una simile curiosa combinazione sarà ancora in Norvegia che terminerà il viaggio più lungo fatto finora.
Numeri e combinazioni a parte, volevo scrivere due parole delle ultime 24h passate nella capitale Norvegese, Oslo.
Ci sono arrivato l'altro ieri sera e mi sono quasi commosso. Non perché avessi un particolare legame con la città, ma forse perché ero felice di dove le mie gambe ed il mio cuore mi avessero portato.
Facendo un rapido sopralluogo per quando ci tornerò a fine tour con il prossimo gruppo, ho rivisto i luoghi più famosi che un giovane me viaggiatore aveva ovviamente messo in lista quei famosi sette anni fa, ma ho anche visto per la prima volta luoghi più periferici e ricchi di storia, come il super riqualificato quartiere lungo l'Akerselva e il residenziale quartiere di Tøyen decorato da un gran numero di murales giganti. Ho vissuto una Oslo diversa, lontana dalle sue attrazioni di massa come ad esempio la seppur affascinantissima Operahuset.
Mi sono regalato due ore nella palestra di arrampicata del centro Vulkan a Mathallen (ex zona di fabbriche oggi vibrante area verde, piena di centri culturali, bar, ristoranti e centri sportivi).
Son rimasto colpito dal numero di homeless che ci sono in giro. Ma è pur sempre la capitale. Sono rimasto colpito da quanto Oslo è una città dove potrei anche vivere, ma dove non vivrò mai.
So dove voglio vivere e lo so anche grazie a tutti i viaggi che ho fatto da ormai più di dieci anni e continuo a fare. Viaggiare ha dato e continua a dare benzina ai miei sogni, ma ha soprattutto radicato il mio senso di identità con quello scoglio incastonato nel golfo di Napoli e le persone che ci abitano e che amo.
E allora sotto con le ultime tre settimane nel paradiso chiamato Lofoten, prima da solo e poi con il prossimo gruppo Four Seasons Natura e Cultura. Che poi si torna a casa.