I rinoceronti bianchi del Kruger e il mal da safari
Sono al terzo giorno di ricerca degli animali al Kruger National Park, in Sudafrica, in quella che ormai ho autodefinito come una vera e propria dipendenza da safari. Avevo letto del mal d’Africa, e in effetti era una sensazione che avevo già provato, in Tanzania, in Kenya, in Madagascar, ma anche in altre zone dell’Africa che avevo avuto la fortuna di visitare, per lavoro o per diletto personale, dal Botswana allo Zimbabwe e via dicendo. Ma non avevo mai sentito parlare del “mal da safari”…quella sensazione di non riuscire a dormire per l’eccitazione degli animali visti nella giornata appena trascorsa, ma anche la certezza che le ore di sonno, all’interno del modesto Tucul situato nel Satara Rest Camp, esattamente all’interno del Kruger, fossero un’inutile perdita di tempo, con tanto ben di Dio da vedere fuori, nella savana.
La certezza che il mal di safari avesse completamente compromesso le mie qualità cognitive mi risulta evidente la mattina del terzo giorno, quando alle quattro, ora di apertura dei cancelli del rest camp e dell’inizio dei safari, mi ritrovo in pole position davanti al cancello, che neanche i piloti Ferrari nell’epoca d’oro, ma soprattutto con la macchina piena di acqua e cibo per non dovermi fermare neanche un momento per perdere tempo ad alimentarmi. Il dubbio diviene quindi certezza, sono malato…e ho anche poco tempo per guarire, perché questa sarà l’ultima giornata di safari e all’appello degli animali che “non si può andare via senza vedere, eh no!”, ne manca ancora uno, il rinoceronte.
Leoni, elefanti, bufali, iene, ghepardi e naturalmente giraffe, kudu, antilopi, ippopotami e coccodrilli, zebre e via dicendo fanno già parte del mio book fotografico. Persino il leopardo non si era fatto pregare, in quella che avevo definito “la mattinata d’oro del principiante”, quando girando intorno al campo di Skukuza con la mia piccola auto 4x4 ne avevo avvistati ben tre…ma questa è un’altra storia, non sono pronto a raccontarla (probabilmente, devo ancora metabolizzarla…).
Ma dove cercare i rinoceronti? Ovunque, poteva essere la risposta…ma in un parco infinito come il Kruger, anche transnazionale considerando che viene diviso a nord con il Mozambico, era come dire da nessuna parte. Dopo una chiacchierata notturna con i ranger, avevo saputo che la zona migliore per trovarli era quella fra Sabie e Crocodile River, grazie alla presenza di pozze piene di fango, che i rinoceronti amano perché gli tolgono i parassiti e li rinfrescano. Quindi la cosa migliore è spostarsi in quella zona.
Dopo otto ore di ricerca, e un’infinità di animali trovati, dei rinoceronti non ho traccia…è mezzogiorno, ho fame e guido ininterrottamente dalle quattro, ho bisogno di una sosta. Se rimango in macchina, e non scendo, posso fermarmi ovunque…e guarda caso di fronte a me vedo uno slargo, con un laghetto rinfrescante davanti, che sembra perfetto per una pausa. Mi restano solo poche ore, poi i cancelli si chiuderanno e dovrò lasciare il parco prima della chiusura…per la mia sanità mentale, inizio ad accarezzare l’idea che potrei anche uscire dal Kruger senza aver trovato i rinoceronti. E’ meglio valutare anche questa possibilità, mi dico, per non rimanere deluso. E addento il panino, con un primo morso, alzando poi lo sguardo per masticarlo in completo relax.
Dalla parte opposta del piccolo laghetto, tuttavia, una pozza piena di fango grigiastro sembra muoversi…un po’ come se fossero sabbie mobili, ma qui non siamo in Malesia, e la sabbia non si muove da sola, se lo fa c’è qualcosa sotto. Va bene la stanchezza, ma vedere il terreno che si muove no, è troppo! Aguzzo la vista, e noto che il fango grigio della pozza non è realmente fango, ma pelle rugosa. E quella sorta di bastone che esce dal terreno non è un pezzo di legno, ma un corno!
Gettato il panino sul sedile (vuoto…) del passeggero, prendo il binocolo, per guardare meglio…ma non ce n’è bisogno. Non serve il binocolo. Un enorme, maestoso rinoceronte bianco si sta sollevando dalla pozza…bingo, trovato! Bocca semiaperta (io…), sguardo allucinato (sempre io, non lui…lui è indifferente alla mia presenza), cuore che batte…non serve neanche prendere la macchina fotografica di corsa, è lì tranquillo e ho tempo e modo di guardarlo prima, e immortalarlo poi. Anche se…non è solo! Un altro rinoceronte si alza con lui, e poi un terzo, e infine un quarto rinoceronte. Quattro rinoceronti bianchi adulti, davanti a me, quasi in posa, per quella che è un’immagine da National Geographic. Tutto questo è oltre ogni, anche più rosea, aspettativa. Me li guardo ancora un istante, poi, quasi con imbarazzo, prendo la macchina e decido di scattare una foto, una sola, per una forma strana e inspiegabile di rispetto…una, ma fatta bene. Il resto delle immagini devono restare nella mia mente, indelebili, perché non li sto vedendo, li sto guardando …e così faccio finché, a passo lento, non scompaiono nella savana.
Abbassati i battiti del cuore, e tornato alla realtà, metto in moto e inizio a dirigermi verso i cancelli di uscita del Parco Kruger, ancora frastornato per quello che mi è appena accaduto. Domani andrò a Johannesburg, dove mi attende un aereo per tornare in Italia. Ma la mente, chissà perché, è ancora dentro una pozza di fango…
Ah giusto, la foto, quell’unica foto scattata…quasi dimenticavo. E’ qui sotto, ma non credo che la voleste vedere…o no?!